#StopAcquaInBottiglia, arriva la campagna per l’Italia di WGO

Il consumo d’acqua in bottiglia è un enorme business solo per poche multinazionali, ma non per i nostri territori e per la nostra salute. Quasi sempre superfluo, con impatti ambientali e di salute importanti e spesso anche un fastidioso fardello da portare a casa.

Per chiedere ai cittadini di riflettere sull’inutilità dell’acqua in bottiglia in plastica e vetro, Water Grabbing Observatory, l’osservatorio internazionale su fenomeni sociali, ambientali ed economici legati all’acqua e al clima, lancia l’11 Ottobre la campagna #StopAcquaInBottiglia, per sensibilizzare via social media sul tema dell’acqua in bottiglia. Ai cittadini sarà chiesto di scattarsi una foto con questo l’hashtag #StopAcquaInBottiglia, con una borraccia o bottiglia riutilizzabile, prendendo l’impegno di non bere più acqua in bottiglia, ove l’acqua del rubinetto sia potabile.

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Il valore di mercato dell’acqua in bottiglia nel 2019 ha quasi raggiunto i 250 miliardi di euro, con una crescita negli ultimi cinque anni superiore al 10% l’anno. L’Italia è il secondo consumatore di acque in bottiglia al mondo: ognuno di noi, in media, ogni anno ne beve 208 litri. Un litro di acqua in bottiglia purificata di bassa qualità costa circa 560 volte più dell’acqua del rubinetto. Per imbottigliare, un’azienda paga canoni di uso alle regioni italiane che raggiungono al massimo i 2 millesimi di euro al litro. Ogni secondo in tutto il mondo si producono 200mila bottiglie di plastica per acqua e bibite, con impatti ambientali elevati.

«L’acqua in bottiglia è un bene superfluo in tutte le città, dove l’acqua erogata è di buona qualità e perfettamente bevibile», spiega Marirosa Iannelli, presidente Water Grabbing Observatory e autrice del libro Atlante geopolitico dell’Acqua, recentemente pubblicato da Hoepli.