La prefazione del libro sul water grabbing e le guerre nascoste per l’acqua

foto di Fausto Podavini

Il direttore scientifico del Wwf Italia, Gianfranco Bologna, ha scritto la prefazione al libro “Water grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo” di Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli su come l’acqua stia diventando sempre più una causa di guerre, instabilità e migrazioni.

Stiamo gestendo il nostro mondo in maniera fortemente insostenibile, dal punto di vista ambientale come sociale. La conoscenza di una situazione così oggettivamente grave, che dovrebbe essere al primo punto dell’agenda dei leader mondiali, comincia per fortuna a essere sempre più diffusa, anche se non si traduce automaticamente in consapevolezza forte e in azioni mirate a modificare lo status quo.

Agli inizi del 2018, in occasione del World economic forum di Davos, l’evento annuale che riunisce nella cittadina delle Alpi svizzere le figure internazionali preminenti del mondo politico, istituzionale, economico, finanziario e dell’impresa, Oxfam ha pubblicato, come di consueto negli ultimi anni, un nuovo rapporto sulle disuguaglianze mondiali causate da un sistema economico sempre più iniquo.

Il rapporto indica che nel 2017 si è registrato, nel mondo, il maggiore incremento del numero di miliardari nella storia: uno ogni due giorni. Oggi ne sono registrati 2.043. Nove su dieci sono uomini. Essi hanno visto lo scorso anno un aumento rilevante della loro ricchezza, per 762 miliardi di dollari. Una cifra che sarebbe da sola sufficiente a eliminare la povertà estrema nel mondo per ben sette volte. L’82 per cento della crescita della ricchezza globale è andato, lo scorso anno, all’un per cento della popolazione mondiale, mentre il 50 per cento non ha osservato alcun tipo di miglioramento. 42 individui detengono una ricchezza equivalente a quella di 3,7 miliardi di persone.

Come Oxfam ricorda, un salario accettabile e un lavoro decente sono fondamentali per por fine all’attuale grave crisi di disuguaglianza.

L’intollerabile situazione di sperequazione crescente s’incrocia con lo stato di salute della biosfera del nostro meraviglioso pianeta, l’unico, nell’intero universo, che sappiamo contenere il fenomeno vita. Ora, noi siamo in accelerata rotta di collisione con i chiari limiti biofisici della Terra nel sopportare ancora una crescita umana materiale e quantitativa palesemente intollerabile. Il danno che stiamo provocando alla biosfera, e quindi agli ecosistemi marini, d’acqua dolce e terrestri, da cui dipendono lo sviluppo e il benessere del le società umane, è tale che negli ultimi 50-60 anni abbiamo eroso le strutture, i processi, le funzioni e i servizi degli ecosistemi a una velocità che non conosce paragoni nella storia umana. Il sistema Terra non è mai stato così “debole” da quando sono comparse le moderne società umane.

Tutto ciò sta conducendo a una forte limitazione delle opzioni di cui l’umanità può disporre per il suo futuro.

Se trattata in modo adeguato, con una umanità capace di vivere armonicamente con la biosfera – la sfera della vita –, questa risulta estremamente efficace quando si tratta di generare resilienza a scala planetaria. È quindi la nostra migliore alleata e miglior polizza assicurativa contro gli shock causati dai cambiamenti ambientali globali, siano essi di origine naturale o umana.

Non è un caso che la comunità scientifica internazionale che studia il sistema Terra si stia interrogando sull’ufficializzazione di un nuovo periodo geologico nella classificazione dei 4,6 miliardi di anni di storia del nostro Pianeta. Un periodo definito Antropocene, per sottolineare gli straordinari e profondi effetti negativi causati dalla nostra specie sulla Terra.

La comunità scientifica che si occupa del sistema Terra e di sostenibilità globale sostiene, con una documentazione imponente, che l’impatto umano sui sistemi naturali produce effetti simili a quelli dovuti alle grandi forze geofisiche e persino astrofisiche (come i grandi meteoriti) che hanno plasmato il nostro pianeta. Numerosi sono ormai i programmi di ricerca, e i libri e le nuove riviste scientifiche, appositamente dedicati all’Antropocene.

Disponiamo di ricerche, analisi e approfondimenti che consentono di conoscere sempre meglio l’entità dei problemi che abbiamo creato e che individuano anche proposte di soluzione, molte già attivamente praticate in diverse parti del mondo.

Questo ottimo volume di Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli costituisce un affascinante affresco della drammatica situazione dovuta all’accaparramento di una risorsa indispensabile per l’esistenza dell’umanità come di tutti gli esseri viventi: l’acqua.

Si tratta di una vera e propria inchiesta, puntuale e documentata, condotta con uno spirito di indagine serio e approfondito, che ci dimostra come il preoccupante fenomeno del land grabbing, come fu definito qualche anno fa, si sia ormai esteso, anche se in forme diverse, alla risorsa acqua. Il land grabbing ha visto sinora coinvolti più di 30 milioni di ettari di terreni, in particolare nell’Africa subsahariana, accaparrati da imprese private, specialmente di Cina ed Emirati Arabi Uniti, allo scopo di soddisfare il fabbisogno alimentare interno e per una maggiore disponibilità di prodotti derivati da biomassa forestale o agricola, come i biocarburanti.

Il water grabbing, come gli autori illustrano con chiarezza, riguarda l’agire di forti poteri economici in grado di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio risorse idriche preziose, sottraendole a comunità locali o a intere nazioni. Gli effetti sono generalmente devastanti, soprattutto nel Sud del mondo. L’acqua non ha sostituti, e poiché non possiamo trasportarla per il mondo in quantità significative, la sua gestione a livello locale o regionale è di importanza vitale. L’analisi svolta da Marirosa ed Emanuele ci aiuta a comprendere sempre di più la considerazione economica, sociale e giuridica del bene comune e la fondamentale importanza che la cura dei beni comuni ha nel limitare le forti pressioni che esercitiamo sui sistemi naturali.

E la pressione che stiamo esercitando sul nostro pianeta, compreso il complesso e delicato ciclo dell’acqua, può pervenire a pericolose soglie di saturazione. Per questo è necessario acquisire la coscienza che non possiamo superare i “confini planetari” indicati in questi anni dalla comunità scientifica. Varcarli comporta il raggiungimento di punti critici, di soglie che ancora abbiamo difficoltà a indicare con esattezza perché, nonostante gli straordinari progressi fatti, la comprensione del sistema Terra è ancora molto incompleta. È però molto importante che siano stati tracciati diversi e significativi guardrail. Non rispettarli sarebbe pura follia. Rispettarli vuol dire non raggiungere qui punti critici e applicare al nostro sviluppo percorsi di sostenibilità.

Gli studiosi hanno fatto lo sforzo di misurare le dimensioni di uno “spazio operativo e sicuro” (Sos) per l’umanità indicando i “confini planetari” entro cui ci muoverci.

Tali confini riguardano nove problemi planetari causati dalla pressione umana, tra loro strettamente connessi e interdipendenti: il cambiamento climatico; la perdita della biodiversità e quindi dell’integrità biosferica; l’acidificazione degli oceani; la riduzione della fascia di ozono nella stratosfera; la modificazione del ciclo biogeochimico dell’azoto e del fosforo; l’utilizzo globale di acqua; i cambiamenti nell’utilizzo del suolo; la diffusione di aerosol atmosferici; l’inquinamento dovuto ai prodotti chimici antropogenici. Per quattro di questi – cambiamento climatico, perdita di biodiversità, modificazione del ciclo dell’azoto e del fosforo, modificazioni dell’uso dei suoli – ci troviamo già oltre il limite segnalato dagli scienziati. Sull’utilizzo globale di acqua è in corso un interessante dibattito sui confini che possono essere individuati per mantenerci in uno spazio operativo e sicuro. Complessivamente, i nove confini planetari possono essere visti come parte integrante di un cerchio, e in tal modo si disegna appunto lo “spazio operativo e sicuro” per l’umanità.

Il dibattito scientifico e le applicazioni pratiche del concetto di confini planetari si sono andati ampliando in sede di politica internazionale, incrociandosi con le riflessioni di carattere sociale. Si inseriscono qui le analisi di Kate Raworth, l’economista che ha delineato un approccio affascinante e innovativo: L’economia della ciambella. Il benessere umano dipende, infatti, oltre che dal mantenimento dell’uso delle risorse in un buono stato naturale complessivo che non deve oltrepassare certe soglie, anche e in egual misura dalla necessità dei singoli di soddisfare i bisogni essenziali a una vita dignitosa. Le norme internazionali hanno sempre sostenuto il diritto morale dell’individuo a risorse fondamentali quali cibo, acqua, assistenza sanitaria di base, istruzione, libertà di espressione, partecipazione politica e sicurezza personale. Quindi, come esiste un confine esterno all’uso delle risorse, una sorta di “tetto” oltre cui il degrado ambientale diviene pericoloso per l’intera umanità, l’economia della ciambella ci indica l’esistenza di un confine interno al prelievo di risorse, un “livello sociale di base” (una sorta di «pavimento») sotto il quale la deprivazione umana è inaccettabile.

In questa importante riflessione sono specificate undici priorità sociali: cibo; acqua; assistenza sanitaria; reddito; istruzione; energia; lavoro; diritto di espressione; parità di genere; equità sociale; networking e resilienza agli shock. Esse rappresentano una base sociale esemplificativa (il «pavimento») e vanno incrociate con i confini planetari (il “tetto”) del nostro Sos che, a questo punto, oltre a essere «sicuro» è anche “giusto”. Si viene così a formare, tra i diritti di base (il “pavimento sociale”) e i confini planetari (i “tetti ambientali”), una corona circolare a forma di ciambella: sicura per l’ambiente e socialmente giusta per l’umanità. Il Wwf ha elaborato un agile manifesto Sos che propone alla sottoscrizione di imprese e organizzazioni della società civile, della cultura e dell’istruzione, per l’impegno in azioni che ci consentano di restare nell’Sos.

Oggi l’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile in essa declinati, approvati dalle Nazioni Unite nel 2015, costituiscono un punto di riferimento capitale per le politiche di sostenibilità in tutto il mondo.

Una combinazione di confini sociali e planetari di questo tipo crea una nuova prospettiva di sviluppo sostenibile, anche in ordine alla concretizzazione dell’Agenda 2030. Ma che cosa significa muoversi entro lo spazio operativo sicuro ed equo per l’umanità? Le grandi sfide da affrontare con urgenza riguardano la comprensione delle modalità sociali ed economiche che possano rispettare le capacità rigenerative e ricettive dei sistemi naturali. Nel concreto, limitare in maniera responsabile e consapevole la crescita della popolazione, i livelli dei flussi dell’energia e delle materie prime e quindi i nostri consumi – dunque modificare in profondità i nostri modelli di produzione e consumo.

Il libro di Bompan e Iannelli ci fornisce un importante contributo per meglio abbracciare questa sfida e avviare percorsi di soluzione.