Acqua rubinetto

Italia: tariffe, cittadini e paradossi

di Emanuele Bompan

 

Non sappiamo nulla dell’acqua che beviamo. Diciamo di volerla proteggere, di valorizzarla, di ritenerla un bene essenziale e prezioso. Eppure siamo il secondo Paese più idrovoro d’Europa, in cui il 21% del territorio è a rischio desertificazione, primo nei consumi di acqua in bottiglia. Poco conta che ci siamo candidati ad ospitare nel 2024 il X Water Forum, il più grande evento mondiale sull’acqua.

 

Da una survey nazionale somministrata a un campione di 1.000 cittadini italiani rappresentativi dell’universo nazionale per macroarea geografica, genere ed età dei rispondenti – realizzata dall’Osservatorio della Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti – sono emersi ben 8 paradossi sulla percezione dei cittadini sulla risorsa acqua.

 

Dall’analisi emerge il tema del valore percepito dell’oro blu italiano: quasi 6 cittadini su 10 ritengono che l’attuale spesa in bolletta sia troppo onerosa, ma il paradosso della spesa troppo elevata mostra che l’Italia è uno dei Paesi con le tariffe più basse d’Europa (2,08 euro/m3 – dato medio nazionale) – che corrisponde alla metà di quella francese (4,08 euro/m3 – dato medio del Paese).

 

Per altro, più del 90% dei cittadini non è a conoscenza del costo reale, ritenendo di pagare troppo per il servizio (paradosso del costo dell’acqua). L’86% dei rispondenti sovrastima la propria spesa annua e quasi 1/3 dei rispondenti pensa di pagare circa il doppio in più rispetto alla spesa reale.

 

Risparmiatori poco intelligenti però. Se non pochi si lamentano delle tariffe, si continua a spendere una fortuna per l’acqua in bottiglia. Solo il 29,3% dei cittadini beve abitualmente del rubinetto, principalmente al Nord. Nonostante l’acqua di rete abbia una qualità altissima (anche in buona parte del Sud). Tutti a dirci del calcare, del saporaccio, del sodio, spinti dagli influencer al soldo di big water. Con il risultato che spendiamo un casino per l’acqua in bottiglia. Tradotto in cifre: scegliamo di spendere circa 2.000 euro per Levissima & Co., piuttosto che 2,08 euro per un metro cubo di acqua. Risultato? Primi al mondo per consumo di acqua in bottiglia. Nonostante l’allarme plastica e i piagnistei sulla crisi dei costi.

 

Però se si parla di futuro del Paese allora si torna un attimo a ragionare. Più della metà dei cittadini sarebbe disposta a sostenere un piccolo aumento in bolletta (anche in mezzo ad una crisi inflazionistica come questa) per rendere il servizio più efficiente e sostenibile (paradosso della disponibilità a pagare) e l’83% di questi rispondenti dichiara una disponibilità a pagare tra i 5 e gli 11 euro in più all’anno per agevolare interventi di efficientamento e di risparmio idrico. Sarebbero poi anche disposti a berla?

 

In ogni caso vanno ripensate le tariffe (mentre oil&gas fanno maxi-profitti sulle maxibollette). Un aumento delle tariffe di soli 10 centesimi a m3, pari a 8 euro in più all’anno per famiglia media ISTAT, si tradurrebbe in 900 milioni di euro addizionali di valore aggiunto e 400 milioni di investimenti aggiuntivi (fondamentale in un Paese che investe 46 euro per abitante all’anno nel settore idrico, quasi la metà dei 90 euro della Francia e dei 92 euro della Germania e un terzo dei 135 euro per abitante del Regno Unito). Con ricadute sia in termini sociali che ambientali: 3.400 occupati in più nel ciclo idrico e una riduzione di 211 milioni di m3 di prelievi di acqua per uso potabile.

 

Aumento di 8 euro l’anno di per sé già contenuto che potrebbe essere azzerato se le perdite idriche venissero ridotte di soli 1,1 punti percentuali o se, ad esempio, gli italiani riducessero di circa 16 secondi la durata della doccia giornaliera!